di Daniele B.

Siamo giunti in quel particolare periodo dell’anno in cui ci si fa dalle 2 alle 22 docce al giorno. In questi momenti di goduria data dall’acqua fresca, ci può accompagnare con costanza e dedizione un oggetto che fino a qualche tempo prima poteva essere vivo e vegeto: la Spugna.

Infatti, le Spugne fanno parte del Phylum dei “Poriferi”. Sono organismi invertebrati acquatici che hanno radici estremamente antiche. Attraverso la/le loro apertura/e fanno entrare acqua all’interno del corpo e ne filtrano tutto ciò che è necessario per la loro sopravvivenza.

Per questa notevole capacità di assorbire l’acqua e per l’attrito che esercitano sulla pelle, sono state a lungo apprezzate dall’essere umano per aiutarlo nella nobile arte dell’eliminazione della sporcizia (in gergo tecnico “lerciume”) dal proprio corpo. Oggi, ci sono svariate Spugne sintetiche che svolgono egregiamente la medesima mansione.

Ma stiamo divagando. Il punto veramente affascinante che menzioniamo oggi è che alcuni ricercatori, fra cui l’italiano Stefano Mariani (University of Salford), hanno recentemente scoperto che le Spugne non solo trattengono l’acqua ma anche notevoli quantità di DNA… Altrui! Sono delle vere e proprie collezioniste di DNA!

Spieghiamoci meglio. La scoperta nasce dal fatto che negli ultimi 10 anni è emerso con vigore un campo di studio molto interessante e con un grande potenziale: lo studio del DNA ambientale. In sostanza, in ambienti acquatici (oppure nel sottosuolo) in cui non sappiamo che esseri viventi sono presenti, ne con che abbondanza, preleviamo dell’acqua (o della terra) e facciamo delle analisi massicce sui DNA rilevati per capire cosa e quanto è presente nell’ambiente in questione.

Considerando quanto detto e ricordando che le Spugne filtrano, e in parte trattengono, costantemente l’acqua, ecco l’intuizione del nostro Stefano Mariani: chissà che questi organismi sappiano darci informazioni sulle specie presenti nell’ambiente in cui vivono, analizzandone i tessuti.

Le Spugne rappresentano anche un alloggio per tantissimi altri organismi, come il Gobide qui sopra

Da parte della ricercatrice Ana Riesgo Gil (Natural History Museum, Londra), esperta di Spugne, il dubbio la faceva da padrona: infatti, questi organismi hanno ottime capacità digestive e potrebbero degradare buona parte del DNA altrui, facendo sì che le analisi non siano particolarmente informative.

Ma i risultati hanno dato  ragione al nostro compaesano: sono stati identificati ben 31 taxa (categoria tassonomica) di vertebrati diversi nelle Spugne campionate! Per raggiungere questo obiettivo, sono stati prelevati dei minuscoli frammenti di tessuto da una serie di individui. La cosa non rappresenta un problema dal momento che hanno ottime capacità rigenerative.

Nonostante l’entusiasmo per questo primo successo, i ricercatori sono cauti e intendono mettere a punto dei protocolli che consentano di ottenere la migliore resa possibile da questo processo. Il prossimo obiettivo è quello di riuscire a capire non solo quante specie sono presenti in un determinato ambiente ma anche con che abbondanza.

Le implicazioni di quest’ultimo punto sono lampanti: sapendo quanti individui, dell’una o dell’altra specie, sono presenti in un dato ambiente, è possibile programmare e definire azioni di tutela e conservazione delle medesime.

Fonti:

https://www.nhm.ac.uk/discover/news/2019/june/sponges-are-the-oceans-natural-dna-collectors.html

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960982219304294?via%3Dihub