Il linguaggio umano è ancora ad oggi uno degli aspetti della cognizione più complessi da studiare e comprendere. Quali sono le basi biologiche che permettono a un bambino di acquisire almeno una lingua solo venendone esposto? Quand’è emersa questa capacità nella specie umana? Quali geni e processi molecolari sono coinvolti? Com’è implementata a livello neurale la competenza di una lingua? Queste sono alcune delle domande che linguisti, psicologi, biologi, paleoantropologi e neuroscienziati si pongono da almeno mezzo secolo [1].
Nella seconda metà degli anni ’90 in alcuni componenti di una famiglia britannica, la cosiddetta “famiglia KE”, è stata identificata una rara mutazione genetica ereditaria, successivamente localizzata nel gene FOXP2, il quale gioca un ruolo importante nello sviluppo cerebrale regolando l’attività di altri geni; tale mutazione causava disturbi sia nella produzione che nella comprensione del linguaggio [2]. Nonostante all’epoca il giornalismo non specialistico abbia salutato lo studio come la “scoperta del gene per il linguaggio”, ad oggi è chiaro che un tratto così complesso non può essere determinato da un solo gene, ma che esso emerga dall’interazione di una rete estesa e molto intricata.

Laureato magistrale in Linguistica presso l’Università di Padova con una tesi sperimentale sull’interfaccia tra linguaggio e cognizione numerica, è attualmente dottorando di ricerca in Psychological Sciences presso lo stesso ateneo. Il suo progetto di ricerca si focalizza su come il sistema linguistico-cognitivo generi delle predizioni sui futuri stimoli linguistici mentre ascoltiamo e comprendiamo frasi e discorsi, e i possibili legami con i processi cognitivi sottostanti la produzione linguistica. Per farlo studia le dinamiche neurali tramite elettroencefalografia sia in parlanti fluenti che in adulti con balbuzie. Precedentemente è stato membro del Cognitive Biology of Language group presso l’Università di Barcellona, lavorando alla “self-domestication hypothesis” nell’evoluzione di Homo Sapiens. All’infuori dell’ambito accademico i suoi interessi maggiori sono la musica (dal post-metal al dark folk, passando per una miriade di altre cose) e la fotografia amatoriale (e l’ozio, e il cibo). Ogni tanto si diletta con la pittura e il disegno a scopo terapeutico. Contribuisce saltuariamente a Minerva da novembre 2016, concentrandosi sulle neuroscienze cognitive, la cognizione comparata e l’evoluzione umana, in particolare nella prospettiva del linguaggio e della comunicazione. Remember: your brain is proactive.