Sulle verdure, nei risotti e nelle zuppe. Sono mille i modi in cui possiamo introdurre nella nostra dieta uno degli alimenti col più alto potere antinfiammatorio tra quelli conosciuti. Facilmente reperibile nei supermercati la curcuma è una spezia dalle mille virtù.
Appartenente alla famiglia delle Zingiberacee, la curcuma (Curcuma longa) è una pianta proveniente dall’Asia sud-orientale largamente utilizzata dai popoli originari di quelle regioni del mondo. In seguito ad essiccazione e successiva macinazione della radice se ne ricava la polvere dal colore giallo-arancio dal quale, tra l’altro, trae origine il nome di zafferano delle indie con cui a volte viene indicata. Si ritrova come componente nella famosa miscela di spezie indiana nota come curry alla quale conferisce il colore caratteristico, mentre in occidente è largamente utilizzata dall’industria alimentare come colorante rintracciabile in etichetta con il codice E100.
La curcuma è stata storicamente usata dalla medicina Ayurvedica indiana per trattare una grande varietà di disturbi, le sue proprietà hanno trovato conferma grazie alla scienza moderna che ha identificato nella curcumina, presente in media al 3%, il suo principale componente attivo.

Le numerose ricerche condotte negli ultimi trent’anni hanno evidenziato il suo importante ruolo nella prevenzione e trattamento di varie patologie croniche di origine infiammatoria incluse quelle neurodegenerative, cardiovascolari, polmonari, metaboliche, autoimmuni e tumorali. Possiede anche proprietà anti-iperglicemiche e insulino sensibilizzanti, prevenendo l’insorgenza del diabete di tipo 2. Le spiccate proprietà salutistiche della curcumina sono il risultato della sua attività antinfiammatoria, esercitata modulando direttamente ed indirettamente una grande varietà di molecole segnale che prendono parte al processo flogistico. Oltre ciò esplica le sue attività intervenendo anche nei meccanismi di regolazione epigenetici (variando l’acetilazione/deacetilazione delle code istoniche), cioè modulando l’espressione del nostro DNA, nello specifico attivando profili trascrizionali anti-infiammatori e inibendo quelli pro-infiammatori.

A tal proposito una meta-analisi del 2013 ha studiato l’azione dei curcuminoidi (composti polifenolici presenti nella curcuma, di cui la curcumina ne rappresenta il 77%) sulla riduzione della proteina C-reattiva (PCR) plasmatica, un biomarker per la valutazione dello stato infiammatorio sistemico.
Lo studio ha preso in esame 6 trial clinici i quali complessivamente avevano reclutato 342 soggetti, di cui 172 trattati con curcuminoidi e 170 con placebo. Dalla comparazione tra i due gruppi è emersa una significativa riduzione dei livelli di PCR circolante nei pazienti che assumevano curcuminoidi rispetto al placebo, evidenziando inoltre la dipendenza dell’effetto in relazione alla biodisponibilità della preparazione a base di curcuminoidi e alla durata della supplementazione.
Nell’anno successivo un lavoro pubblicato sul Clinical Interventions in Aging ha valutato, attraverso uno studio multicentrico, l’attività dell’estratto di curcuma comparata con quella dell’Ibuprofene nella riduzione del dolore e del miglioramento funzionale del ginocchio in pazienti con osteoartrite (malattia articolare su base infiammatoria).
I ricercatori hanno preso in esame 331 pazienti con 60 anni di età media e prevalentemente donne (90%), suddividendoli in due gruppi: il primo composto da 171 soggetti al quale fu somministrato l’estratto di curcuma e il secondo da 160 sottoposto alla terapia con ibuprofene. Gli studiosi hanno constatato una riduzione del dolore e un miglioramento funzionale in entrambi i gruppi, senza differenze.
L’azione antinfiammatoria dell’estratto di curcuma è stata sovrapponibile a quella dell’ibuprofene.

Una promettente area di utilizzo della curcuma e del suo estratto è rappresentata dal trattamento dei pazienti prediabetici e quindi nella prevenzione del diabete di tipo 2 (patologia che attualmente, secondo i dati OMS, colpisce 311 milioni di persone nel mondo).
Nel 2012 un trial clinico in doppio cieco, randomizzato con controllo placebo pubblicato su Diabetes Care, ha diviso 235 pazienti con diagnosi di prediabete in due gruppi, il primo composto da 119 pazienti sottoposti al trattamento con l’estratto di curcuma e il secondo di 116 pazienti trattati con placebo.
La ricerca della durata di 9 mesi è stata volta allo studio dello sviluppo di diabete di tipo 2 nei pazienti prediabetici. Nel gruppo trattato con placebo è stato diagnosticato diabete di tipo 2 nel 16,4% dei pazienti, mentre nel gruppo trattato con estratto di curcuma nessuno dei pazienti affetti da prediabete ha sviluppato la patologia al termine dei 9 mesi di trial.
I ricercatori hanno inoltre constatato anche un miglioramento globale nella funzionalità delle cellule beta del pancreas (la cui attività è compromessa nella patologia diabetica) nel gruppo trattato con curcuminoidi.

Come dimostrato dalle numerose ricerche a riguardo, la curcuma rappresenta un prezioso alleato da includere nella dieta quotidiana. La principale problematica nell’utilizzo alimentare riguarda la sua biodisponibilità e l’assorbimento intestinale. A questo proposito dei piccoli accorgimenti in cucina possono ovviare a tali limitazioni. La biodisponibilità della curcuma è influenzata dall’attività del fegato che provvede rapidamente alla detossificazione delle sostanze estranee per renderle idrosolubili e quindi facilmente eliminabili con le urine, in questo modo la concentrazione ematica della curcuma cala rapidamente. In cucina per insaporire le pietanze utilizzatela in combinazione con del pepe nero e associatela sempre ad un grasso (preferibilmente olio extravergine di oliva). Nel pepe nero è contenuta la Piperina, molecola che conferisce il caratteristico sapore pungente al pepe, questa sostanza è in grado di aumentare la biodisponibilità dei curcuminoidi agendo sul meccanismo di detossificazione epatico, mentre l’abbinamento della spezia ad un grasso permette un maggiore assorbimento intestinale sfruttando la sua liposolubilità. Ovviamente non bisogna esagerare, bastano infatti piccole quantità di pepe per sortire l’effetto descritto, mentre per il grasso non c’è bisogno di aggiungerne, la quota di lipidi già presente nel piatto che si andrà a condire con la curcuma sarà sufficiente. [SBu]

Fonti:

Sahebkar A, Are Curcuminoids Effettive C-Reactive Protein-Lowering Agents in Clinical Practice? Evidence from a Meta-Analysis. Phytother. Res. 2013

Kuptniratsaikul V, Dajpratham P, Taechaarpornkul W, Buntragulpoontawee M, Lukkanapichonchut P, Chootip C, Saengsuwan J, Tantayakom K, Laongpech S, Efficacy and safety of Curcuma domestica extracts compared with ibuprofen in patients with knee osteoarthritis: a multicenter study. Clinical Interventions in Aging 2014:9 451-458

Chuengsamarn S, Phisalaphong C, Rattanamongkolgul S, Jirawatnotai S, Leuchapudiporn R, Curcumin Extract for Prevention of Type 2 Diabetes. Diabetes Care 35:2121-2127, 2012