Il mondo è pieno di grandi musicisti affetti da patologie che non hanno impedito loro di diventare “i geni” indiscussi nella storia della musica. Basti pensare a Schumann e la sua “vena di pazzia” classificata in seguito come “schizofrenia”, Beethoven e la sua precoce sordità, Mozart e la “Sindrome di Tourette” di cui probabilmente era affetto che provoca tic, suoni acuti e perdita di controllo del linguaggio, Petrucciani morto nel 1999 di “osteogenesi imperfetta” o “sindrome delle ossa di cristallo” ed Ezio Bosso malato di “sclerosi laterale amiotrofica” o SLA, una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni.

Nonostante i gravi problemi, questi musicisti si sono dedicati anima e corpo alla musica scrivendo le più belle e famose composizioni, ma la domanda che ci poniamo tutti è: com’è possibile? Quali sono gli effetti della musica sul cervello?

Secondo il neurologo Facundo Manes quando ascoltiamo musica si attivano aree adibite al movimento, al linguaggio e alle emozioni che ci rendono più solidali e altruisti. La musica ci dà piacere, come il cibo, il sesso e le droghe, permettendo il rilascio di dopamina nel nostro cervello.

Robert Zatorre il fondatore del laboratorio “Brain, Music and Sound” ha studiato come i nostri neuroni percepiscono la musica. Tutto parte dall’udito che trasmette i suoni prima al tronco cerebrale e poi alla corteccia uditiva dove viene immagazzinato l’impulso per percepire la musica e riconoscere quella già ascoltata. Questo spiega le emozioni che alcune melodie suscitano in noi quando le ascoltiamo, risvegliando ricordi sopiti ma mai cancellati.

La musica è strettamente correlata al linguaggio, entrambe sono elaborate dai due emisferi del cervello. Infatti, sembrano influire sia sull’umore sia sulla fisiologia e in particolar modo sulle parole perchè i suoni possono attivare simultaneamente diversi circuiti cerebrali facilitando un discorso o un dialogo.
E’ per questo motivo che la musica viene utilizzata come terapia (musicoterapia) per migliorare, mantenere o recuperare le funzioni cognitive, emozionali e sociali e per fare rallentare la progressione di determinate malattie, soprattutto nei pazienti affetti da disturbi motori e da demenza perchè attiva tutte le aree del cervello.

Fonte

https://science.sciencemag.org/content/340/6129/216.abstract?sid=0b7f03fc-d55e-48e2-be35-c22f14153cd9