Il diabete è una malattia diffusa in tutto il mondo caratterizzata da un aumento cronico della concentrazione di glucosio nel sangue, ossia la glicemia. La glicemia è regolata da diversi ormoni: il principale è l’insulina, un enzima prodotto dal pancreas.

1Struttura dell’insulina.

Nel diabete di tipo I tale aumento è dovuto ad una ridotta o mancata produzione di insulina.

Il diabete di tipo II, invece, è causato principalmente dalla “resistenza all’insulina”, una condizione in cui il corpo non riesce più a rispondere in modo adeguato all’insulina circolante.

Il diabete di tipo II è in aumento a causa delle errate abitudini alimentari e della sedentarietà tipiche della società occidentale: i soggetti adulti in sovrappeso sono infatti maggiormente a rischio.

I due tipi di diabete richiedono un approccio terapeutico diverso.

Le origini del diabete si perdono nell’antichità: sappiamo che i suoi sintomi erano già noti nell’antico Egitto e le prime descrizioni risalgono al II secolo d.C. da parte dei greci.

Nei primi anni del ‘900 E. A. Sharpey-Schafer individuò la sostanza che risultava carente nei pazienti diabetici e la chiamò insulina.

L’ormone fu isolato per la prima volta nel 1921 da F. G. Banting e C. H. Best: i due scienziati osservarono che un cane privato chirurgicamente del pancreas sviluppava i sintomi del diabete, ma dopo la somministrazione d’insulina i sintomi si risolvevano.

2F. G. Banting e C. H. Best.

Questa scoperta aprì le porte alla terapia del diabete a base d’insulina e permise di salvare molti pazienti affetti da diabete di tipo II, fino a quel momento destinati ad una morte precoce.

A partire dagli anni ’20 si diffuse l’uso d’insulina di origine animale estratta direttamente dal pancreas bovino. Per alcuni decenni l’estrazione e la somministrazione dell’ormone rimasero un’attività artigianale, condotta personalmente dai medici.

L’insulina era assunta subito dopo i pasti, tre volte al giorno; a partire dal 1944 lo sviluppo e la diffusione di siringhe con dosi uniformi dell’ormone permise una prima standardizzazione della terapia.

L’introduzione della terapia insulinica e la sua diffusione allungarono l’aspettativa di vita dei diabetici di almeno 30 anni rispetto ai primi del ‘900.

Nel 1955 F. Sanger determinò la sequenza e la struttura dell’insulina umana evidenziando le differenze da quella animale.

Questa scoperta permise di individuare nell’insulina di maiale quella migliore per la commercializzazione perché risultava essere la più simile a quella dell’uomo.

Gli anni ’60 e ’70 hanno visto dei notevoli progressi nei test utilizzati per la diagnosi e per l’automonitoraggio del diabete. La possibilità dei pazienti di controllare la propria risposta alla terapia insulinica ha permesso una maggiore flessibilità ed ha facilitato la gestione della malattia nella vita di tutti i giorni.

Negl’anni ’80, lo sviluppo delle biotecnologie moderne ha rappresentato una pietra miliare per la terapia insulinica: infatti ha permesso di produrre in modo massivo insulina del tutto identica a quella prodotta dal pancreas umano grazie all’uso di batteri ingegnerizzati con la tecnologia del DNA ricombinante.

A partire dal 1983, anno di introduzione dell’Humulina, la prima insulina biosintetica umana è entrata in commercio e ha eliminato definitivamente le risposte avverse verso le insuline animali in uso fino a quel momento.

Nel 1986 è stata sviluppata la prima penna “Novopen” per l’iniezione sottocutanea dell’insulina, dispositivo che, grazie all’assenza di dolore e alla facilità d’uso, sostituì completamente la siringa e migliorò l’aderenza dei pazienti alla terapia.

Il 1993 è un altro anno importante nella storia della terapia diabetica: lo studio clinico Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) dimostrò che la terapia insulinica intensiva e la gestione attiva della malattia da parte del paziente è efficace nel ritardare l’insorgenza delle complicanze del diabete di tipo I.

Da allora sono state sviluppate nuove terapie basate sui cosiddetti “analoghi dell’insulina”: la conoscenza molecolare dell’insulina unita alle tecniche del DNA ricombinante ha permesso di effettuare delle modificazioni controllate sulla molecola di insulina prodotta dai batteri.

Tali modifiche infatti possono “regolare” la velocità di azione ipoglicemizzante dell’insulina e la sua durata.

Ad esempio le insuline ad azione “rapida” e “ultrarapida”, come l’insulina LisPro (1996) e Aspart (1999), sono state ottenute mediante modificazioni capaci di evitare che le molecole di insulina si uniscano tra loro, (fenomeno naturale che ne rallenta gli effetti clinici).

Queste preparazioni sono caratterizzate da un’azione ipoglicemizzante che insorge rapidamente (entro 40-60 minuti) e dalla breve durata: esse infatti devono essere somministrate prima di ogni pasto 3 volte al giorno.

Al contrario, le insuline “intermedie” e “ultralente” (come l’insulina Glargine in commercio dal 2000) subiscono delle modifiche per favorire l’unione delle molecole d’insulina, in modo da ottenere un’insorgenza d’azione più tardiva, ma più durevole nel tempo, permettendone la somministrazione una sola volta al giorno.

La possibilità di scegliere il tipo d’insulina da utilizzare, ha permesso al paziente insieme al proprio medico, di personalizzare la terapia e individuare attivamente la strategia più efficace e comoda per la gestione della malattia anche tenendo conto delle proprie abitudini.

Oltre all’insulina, occorre ricordare che per il controllo del diabete di tipo II esistono numerosi farmaci ipoglicemizzanti, sviluppati negli ultimi 15 anni, che hanno permesso un netto miglioramento del controllo glicemico e della qualità di vita dei pazienti.

Il farmaco che ha segnato l’inizio di una terapia efficace a partire dal 1998 è la Metformina oggi utilizzata in prima linea, insieme all’insulina, per il controllo del diabete di tipo II.

Oggi sono disponibili diversi farmaci (biguanidi, glitazoni, acarbosio, sulfoniluree e glinidi, inibitori del DPP‑4, incretine e incretino-mimetici) efficaci nel ridurre la glicemia, caratterizzati da diversi meccanismi d’azione.

Alcuni hanno una comoda somministrazione orale e non iniettiva. Il loro sviluppo è stato possibile grazie alla ricerca che ha permesso di approfondire la conoscenza dei meccanismi fisiologici e patologici che regolano la glicemia.

Ad oggi la terapia del diabete di tipo II rappresenta ancora una sfida: i farmaci nel corso degli anni perdono di efficacia a causa della fisiopatologia complessa di questa insidiosa malattia che tende a peggiorare e ad “adattarsi” alla terapia.

La conseguenza è che spesso insorge la necessità di aumentare i dosaggi o di modificare l’approccio terapeutico.

La ricerca oggi è sempre più volta a cercare di produrre terapie efficaci con il minor numero di effetti collaterali e capaci di migliorare la qualità di vita dei pazienti.

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