Quanto può essere davvero sostenibile la produzione di olio di palma? Una recente ricerca ha dimostrato che c’è spazio per un ulteriore aumento di produzione, ma fuori dalle aree già soggette intensamente a questo tipo di coltivazione.

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L’olio di palma ha conosciuto una vertiginosa crescita di produzione nell’ultimo decennio passando da 10 a 17 milioni di ettari coltivati. Il motivo di tanta domanda, oltre al basso costo di produzione, risiede nell’estrema versatilità di questo olio che viene utilizzato in campo alimentare, cosmetico e nella produzione di biocarburanti. Questi fattori hanno spinto molti paesi tropicali, in grande maggioranza poveri, a investire in questa coltivazione per migliorare le condizioni delle proprie popolazioni e anche nella speranza di utilizzare i biocombustibili derivati dall’olio di palma per raggiungere un certo grado di indipendenza energetica.

Queste operazioni hanno però avuto costi notevoli, come la sostituzione di aree di foresta, ad alto grado di biodiversità o con un’alta capacità di trattenere carbonio nei propri suoli, con terreni coltivati a palma da olio. Questi problemi hanno spinto varie associazioni a difesa dell’ambiente, e anche molti consumatori, a guardare con diffidenza i prodotti contenenti olio di palma; qualche volta con considerazioni improprie sui presunti danni alla salute (per quanto l’olio di palma, come qualsiasi grasso saturo o raffinato, non sia per nulla salutare; non produce danni peggiori di altri prodotti appartenenti a queste categorie. Nel 2016 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha messo in evidenza la presenza di alcuni prodotti tossici presenti in maggior quantità nell’olio di palma raffinato, ma ha anche riconosciuto che già dal 2010 le industrie hanno iniziato a modificare i processi di raffinazione con una riduzione notevole del contenuto di questi composti).

La risposta delle industrie, alimentari e non, che impiegano l’olio nelle loro produzioni è stata quella di creare un’autocertificazione che attesta la sostenibilità ambientale delle loro materie prime. La quota di olio di palma sostenibile è ancora ben lontana dalla totalità, ma cresce rapidamente nel mercato di questo prodotto.

Una domanda lecita per un consumatore attento alle questioni ambientali può essere quella di chiedersi quanto i dati reali confortino gli impegni presi dalle industrie che aderiscono all’autocertificazione di sostenibilità.

Johannes Pirker e collaboratori, dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA), Laxenburg (Austria), hanno pubblicato sulla rivista Global Environmental Change un’analisi biofisica sulla sostenibilità dell’attuale coltivazione di olio di palma e su una sua eventuale espansione.

Per prima cosa gli autori hanno determinato sulla base del clima, delle caratteristiche del suolo e della topografia l’ammontare mondiale dei territori adatti alla coltivazione della palma da olio. Dal totale hanno poi escluso le aree occupate da altre attività umane, come la coltivazione di altri vegetali o la pastorizia, e le aree con suoli che rischiano di essere rapidamente dilavati impiantandovi una coltivazione di palma. Da quello che resta sono state eliminate le aree ad alta ricchezza ecologica e quelle in grado di catturare nei loro suoli, mantenendo inalterate la flora e la fauna attuali, grandi quantità di carbonio che finirebbero altrimenti per riversarsi in atmosfera.

Infine sono stati eliminate tutte le aree adatte alla coltivazione, ma troppo lontane dai centri urbani dove l’olio ricavato dai frutti della palma può essere lavorato, e quindi non in grado di sostenere coltivazioni economicamente convenienti.

Nel complesso i risultati dimostrano che l’attuale mercato mondiale dell’olio di palma potrebbe essere, se i produttori si attengono agli impegni presi, del tutto sostenibile e che l’estensione di terreno coltivato a palma potrebbe arrivare addirittura a raddoppiare.

La situazione cambia però andando a esaminare i singoli stati produttori: nazioni come la Nigeria e la Costa d’Avorio potrebbero agevolmente aumentare la loro produzione; ma non è così per paesi come la Malaysia e l’Indonesia, che hanno già pesantemente investito, nell’ultimo decennio, nell’aumentare le loro aree coltivate a palma da olio. Queste nazioni sono andate ben oltre la porzione del loro territorio in cui questa pianta può essere coltivata in modo ecologicamente sostenibile e un ulteriore aumento della loro produzione porterebbe ad ulteriori e irreparabili danni al loro patrimonio naturale.

Concludendo, l’olio di palma non è da demonizzare, ma richiede controlli e attenzione.

BIBLIOGRAFIA

Johannes Pirker, Aline Mosnier, Florian Kraxner, Petr Havlík, Michael Obersteiner.

What are the limits to oil palm expansion?

Global Environmental Change, 2016; 40: 73 DOI: 10.1016/j.gloenvcha.2016.06.007