La capacità di affrontare eventi stressanti periodici, in alcuni batteri, è determinata dal comportamento complessivo della popolazione; anche se le singole cellule non diventano individualmente più resistenti.

 

Caulobacter_crescentus

La pluricellularità è stata la grande conquista degli organismi definiti superiori, con la capacità da parte delle loro cellule di collaborare per portare avanti la sopravvivenza e la riproduzione dell’intero organismo divenuto non più una colonia, ma un’unità funzionale. Ma la ricerca ha dimostrato che anche i minuscoli batteri, molti dei quali non vivono neppure fisicamente in contatto gli uni con gli altri, sono in grado di coordinarsi fra di loro con comportamenti in grado di favorire la sopravvivenza della popolazione.

Ora, con una ricerca pubblicata sulla rivista PNAS, Roland Mathis e Martin Ackermann, dell’istituto federale di tecnologia di Zurigo, hanno dimostrato come risposte non banali a condizioni stressanti che si presentano più volte possano emergere spontaneamente nelle popolazioni batteriche, senza che eventi avvenuti in passato cambino il comportamento delle singole cellule che le compongono.

Gli autori hanno realizzato i loro esperimenti in dispositivi microfluidici in grado di manipolare piccolissimi volumi di acqua in spazi microscopici. In ognuno di questi microcontenitori è stata fatta crescere una singola cellula della specie batterica Caulobacter crescentus. Questo batterio ha la caratteristica di attaccarsi tenacemente ai substrati, e al momento della riproduzione, si divide in due parti, una delle quali mantiene l’attacco originale, mentre l’altra, dotata di flagello, si allontana alla ricerca di un nuovo substrato. La combinazione tra la specie studiata e il dispositivo ha quindi permesso di osservare singoli batteri per lunghi periodi di tempo e più generazioni.

Si era già constatato in ricerche precedenti che, dopo essere stato esposto ad un primo evento stressante come l’improvviso aumento di salinità, C. crescentus, come anche altre specie batteriche, è in grado di sopravvivere più efficientemente ad un secondo aumento di salinità; ammesso che esso avvenga entro un tempo non troppo lungo dal primo. Il meccanismo fisiologico alla base di questa resistenza è stato individuato nella produzione di alcune proteine che protggono contro dall’ipersalinità; se entro un breve tempo non si presenta un secondo evento stressante, tuttavia, le proteine, e gli RNA messaggeri che le codificano, vengono degradate o suddivise fra le cellule figlie di quella che ha subito il primo stress. In teoria, quindi, l’effetto protettivo dovrebbe risultare sempre meno pronunciato con il trascorrere del tempo.

Mathis e Ackermann hanno messo alla prova questa teoria sottoponendo C. crescentus a un primo aumento di salinità, definito di “avvertimento”, seguito da un secondo aumento separato rispetto al primo da tempi progressivamente crescenti. Con loro sorpresa si sono accorti che i tassi di sopravvivenza seguivano andamenti ciclici, con punte di resistenza alla salinità anche dopo tempi in cui le proteine protettive non potevano che essere già state eliminate.
Per cercare di spiegare il fenomeno i ricercatori hanno ipotizzato un qualche ruolo legato ai cicli vitali dei batteri: quando sono allevate in assenza di limitazioni ambientali, infatti, le cellule di C. crescentus sono equamente distribuite nelle varie fasi del ciclo cellulare. Ma dopo l’esposizione all’aumento di salinità di avvertimento i batteri smettevano di dividersi per un certo periodo di tempo per poi ricominciare a farlo in modo sincronizzato; per poi tornare gradualmente a farlo in modo sfasato nel corso delle generazioni.

Nei dispositivi microfluidici, in effetti, I singoli batteri si dimostravano molto resistenti alla salinità se erano in procinto di dividersi, ma molto meno a metà dei loro cicli cellulari. Inseriti in un modello computerizzato i dati sulla momentanea sincronizzazione dei cicli cellulari si sono dimostrati sufficienti a produrre il comportamento osservato nelle cellule vive.
Ma, indipendentemente dal meccanismo fisiologico che produce la sincronizzazione dei cicli, i batteri continuano per un lungo periodo di tempo ad avere un’ apparenza di coordinazione, anche molto dopo che questo meccanismo non è più rilevabile e senza che i singoli individui comunichino tra loro in alcun modo.

Le informazioni ottenute dalla ricerca possono avere applicazioni pratiche in medicina, ad esempio stabilendo il momento migliore per colpire i batteri patogeni con un antibiotico; ma anche aiutare a capire il comportamento dei gruppi andando ben oltre quello dei microorganismi, e anche oltre i semplici gruppi presenti in ambito biologico, ovunque individui isolati sembrino comportarsi in modo coordinato senza una ragione valida.

BIBLIOGRAFIA.
Roland Mathis, Martin Ackermann.
Response of single bacterial cells to stress gives rise to complex history dependence at the population level.
PNAS, March 7, 2016 DOI: 10.1073/pnas.1511509113