In questi giorni è rimbalzata sui media d’informazione la notizia della scoperta di un nuovo continente sommerso nell’oceano attorno alla Nuova Zelanda.

Diciamolo subito chiaro e tondo: non è stato “scoperto” nessun nuovo continente. Ne è stato semplicemente proposto, da parte di alcuni geologi e geofisici, il riconoscimento come tale, alla luce del collegamento di diverse caratteristiche in parte note già da molto tempo ma che si è potuto finalmente unire in un quadro più completo e coerente.

Topografia del continente di Zealandia (Di World Data Center for Geophysics & Marine Geology (Boulder, CO), National Geophysical Data Center, NOAA – Ultimate source: ETOPO2v2, a digital database of seafloor and land elevations. Actually cropped from Image:Pacific_elevation.jpg., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1779323)

Nell’articolo in questione, di recente pubblicazione da parte della Geological Society of America, gli autori si esprimono molto esplicitamente: “Questa non è una scoperta improvvisa, ma una presa di coscienza graduale; anche solo 10 anni fa non avevamo sufficienti dati o la sicurezza della loro interpretazione per scrivere questo articolo.”

Di cosa si tratta quindi?

Per spiegarlo è necessario riassumere sinteticamente com’è fatta la crosta terrestre. Questa è la pellicola più esterna del nostro pianeta, di spessore trascurabile rispetto al diametro della Terra e composta di rocce differenti rispetto al sottostante mantello. Ci sono due tipi di crosta: quella oceanica e quella continentale differenti per composizione e caratteristiche fisiche.

Quella oceanica è fatta di rocce basaltiche dense e pesanti e di spessore sottile, che arriva al massimo a 7-8km . Ed è geologicamente giovane: di età praticamente attuale in corrispondenza delle dorsali oceaniche, troviamo la più antica nel Pacifico settentrionale con un’età di 200 milioni di anni.

La crosta continentale è invece composta di rocce granitoidi (di cui i graniti rappresentano una varietà che conosciamo tutti) meno dense e più leggere rispetto ai basalti oceanici. E’ questa differenza di densità (2,9t/mc contro 2,75) che rende le aree di crosta oceanica più depresse facendole diventare i bacini di raccolta delle acque oceaniche, da cui il nome. Oltre a questo la crosta continentale ha uno spessore maggiore, mediamente di 30-40km ma che aumenta al di sotto delle catene montuose, fino a 70km sotto la catena Himalayana. Ed è molto più antica: i nuclei più antichi dei continenti, detti cratoni, sono costituiti da rocce la cui età arriva a 3,8 miliardi di anni.

Un’altra differenza tra crosta oceanica e continentale è data dalla velocità con cui vengono attraversate dalle onde sismiche. Ogni volta che c’è un terremoto le onde elastiche rilasciate dall’ipocentro si propagano sia in superficie che in profondità attraverso tutto il corpo del pianeta. In virtù della sua maggiore densità, le onde sismiche attraversano la crosta oceanica a 7-7,5 Km/s contro 5,6-6,3 Km/s delle rocce continentali. Lo studio della propagazione delle onde sismiche è il principale strumento di indagine a disposizione dei geologi per studiare le profondità della crosta terrestre.Esiste anche una crosta transizionale con caratteristiche intermedie, ma glissiamo.

Veniamo finalmente alla Zealandia. Da più di un secolo i rilievi batimetrici avevano evidenziato l’esistenza in questa zona di mare di fondali meno profondi rispetto alle piane abissali adiacenti, 500-1000m contro 4000 e più. In anni recenti la mappatura di dati gravimetrici da satellite ha permesso di riunire e integrare i dati precedenti, individuando una estesa regione sottomarina attorno alla Nuova Zelanda topograficamente più elevata e fisicamente ben definita. La potete vedere anche su Google Earth. Ma questo di per sè non basta a definire un continente. Sparse per i fondali oceanici vi sono diverse aree rilevate rispetto alle piane abissali, costituite talvolta da rocce basaltiche, oppure da frammenti continentali “persi” dai continenti maggiori dopo la frammentazione della Pangea: i più grandi di questi vengono definiti microcontinenti. Lo studio di campioni di roccia dalla Nuova Zelanda e altre isole circostanti, assieme a campioni provenienti da perforazioni e dragaggi eseguiti negli ultimi 20 anni hanno evidenziato la comune origine continentale di rocce magmatiche, metamorfiche e sedimentarie di età varia, che arriva fino a 500 milioni di anni. Il che non esclude la presenza di rocce anche più antiche ancora non individuate. Inoltre l’individuazione di un braccio di crosta oceanica tra la Zealandia e l’Australia ne ha sancito la sua “individualità continentale” rispetto a quest’ultima.

I confini di Zealandia (Di Alexrk – Own workBathymetry: ETOPO2v2 2min – edited with Inkscape, Land Information New Zealand, Te Ara The Encyclopedia of New Zealand, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3421224)

Studi geofisici di questa entità geologica ne hanno individuato caratteri da crosta continentale, con una velocità delle onde sismiche inferiore a 7km/s e spessori da 10 a 30km, fino a un massimo di 40 sotto la catena delle Alpi Meridionali in Nuova Zelanda. Questi spessori crostali, un po’ ridotti per una crosta continentale, fanno supporre che la Zealandia sia stata “stirata” durante la frammentazione della Pangea. Per questo stesso motivo essa è rimasta in gran parte sommersa tranne che, come abbiamo visto, le isole della Nuova Zelanda.

Sebbene lo spessore crostale della Zealandia sia inferiore a quello tipico delle aree continentali emerse, esso è comunque superiore a quello oceanico, mentre la mappatura da satellite e lo studio dei campioni ha portato a riconoscere l’individualità geologica di questa regione sommersa. In precedenza la scarsità di dati faceva supporre che si trattasse di vari frammenti continentali non connessi tra di loro. Questa era un’ipotesi ragionevole, dato che diversi di questi frammenti sparsi negli oceani sono già noti, ma il quadro rimaneva largamente incompleto.

Gli autori dell’articolo propongono il riconoscimento della Zealandia come nuovo continente in base a tutti questi caratteri e alla sua estensione: con 4,9 milioni di kmq è grande quanto l’India che, prima della sua collisione con l’Asia, era un continente a sè stante. Sebbene non ci sia un limite stabilito per distinguere un continente da un microcontinente, il più grande di questi, il Madagascar, è considerevolmente più piccolo.

Ma l’importanza del riconoscimento della Zealandia come un continente unico anzichè come un aggregato di frammenti e microcontinenti, sta nel suo essere un caso-limite di continente che, staccatosi da Australia e Antartide nel tardo Cretaceo come una striscia lunga 4000Km, è stato successivamente stirato e deformato fino alla sua forma attuale, laddove gli altri continenti hanno sempre formato dei blocchi molto più rigidi. Nessuna ricostruzione della Pangea può ignorare questo pezzo del puzzle, e il suo studio ci può dare utili informazioni sulla plasticità, la coesione e le deformazioni estensionali della crosta continentale.

Di A.P.

Fonte: Zealandia: Earth’s Hidden Continent