Le cellule fetali che dalla placenta vanno a insediarsi nel corpo della madre contribuiscono spesso alla sua salute, salvo nei rari casi in cui gli interessi genetici di madre e figlio non coincidono.

Microchimerism

La placenta umana , fra i mammiferi, è una fra quelle più invasive: i villi coriali, i prolungamenti simili a dita che della placenta scavano nella parete dell’utero per fornire nutrimento al feto, nella specie umana entrano in contatto direttamente col sangue della madre. Una delle conseguenze di questa condizione è che cellule provenienti dal bambino in crescita si distaccano e entrano in circolo nel sangue materno. Questa condizione è già stata sfruttata a livello medico per mettere a punto test genetici meno invasivi delle tradizionali amniocentesi e villocentesi, che richiedono solo un prelievo di sangue alla madre (che per il momento in Italia sono disponibili solo in strutture mediche private).

Una vera collaborazione

Le conseguenze mediche della circolazione di cellule del feto nel sangue della madre, tuttavia, non finiscono qui. Alcune di esse possono sopravvivere per anni nel corpo della madre dove si comportano come staminali e possono favorire la guarigione o prevenire i danni causati dall’età. Studi scientifici hanno dimostrato la presenza di cellule fetali in prossimità di ferite guarite, e altre che si erano trasformate in vasi sanguigni, muscoli lisci e del cuore, neuroni e cellule del midollo osseo da cui hanno origine quelle del sangue.

Una tregua

Durante la gravidanza, la placenta e altre cellule del feto potrebbero essere riconosciute dal sistema immunitario della madre come estranee portandolo ad attaccare il feto. Per prevenire questo rischio madre e figlio stabiliscono una sorta di tregua immunitaria. Questa minore aggressività del sistema immunitario materno è alla base del fenomeno, sperimentato da molte donne affette da malattie autoimmuni, come Artrite reumatoide e sclerosi multipla, di un miglioramento dei loro sintomi nel corso della gestazione. Purtroppo questi miglioramenti tendono a scomparire al termine della gravidanza e cellule di origine fetale sono spesso trovate in prossimità delle lesioni autoimmuni. Come nel caso delle ferite, gli scienziati ritengono che queste cellule tentino di fare l’interesse del figlio appena nato proteggendo la salute della madre da cui esso dipende; ma non hanno ancora stabilito se, in questo particolare caso, un intervento “maldestro” delle cellule fetali possa essere addirittura causa di un peggioramento dei sintomi.

Possibili guerre

Le cellule del feto e quelle della madre non vanno poi necessariamente d’accordo: Amy M. Boddy, e altri ricercatori delle università dell’Arizona e San Francisco, hanno pubblicato un articolo scientifico sulla rivista Bioessays-Journal in cui spiegano che, mentre la madre ha, inconsciamente, interesse a occuparsi allo stesso modo di tutti i suoi figli; un figlio appena nato desideri, sempre senza averne coscienza, che la madre si occupi solo di lui, anche a scapito dei fratelli che verranno. Con un ampia rilettura della letteratura medica disponibile, Boddy e colleghi hanno ipotizzato che, nel corso della lunga storia dei mammiferi, i neonati possano avere evoluto la capacità di influenzare a loro vantaggio il comportamento fisico e mentale della madre attraverso l’azione delle cellule della loro placenta rimaste nel corpo materno. Se questa ipotesi è vera, si sono detti i ricercatori, le cellule del feto dovrebbero essere presenti in abbondanza nei tessuti che regolano il trasferimento di risorse dalla madre al neonato; e infatti hanno trovato abbondanza di queste cellule nel seno; nella tiroide, che alzando la temperatura della madre contribuisce a tenere il neonato al caldo; e nel cervello dove i nuovi neuroni formati dalle cellule della placenta potrebbero contribuire all’attaccamento della madre al figlio.

Queste piccole astuzie messe in atto dal neonato non causano gravi danni a una madre ben nutrita dei giorni nostri; ma per le mamme preistoriche, e per quelle che ancora oggi sono gravemente denutrite, produrre latte e calore in più sono un costo notevole. Inoltre cellule di origine fetale sono state trovate in quantità maggiore rispetto ai tessuti sani nel caso di infiammazioni e tumori del seno e della tiroide. Come per le infiammazioni già descritte, gli scienziati non hanno ancora stabilito se la loro presenza è la causa del tumore, oppure se è il tumore stesso a costringere le cellule fetali a aiutarlo così come fa con le cellule sane della madre.

Ma piuttosto che aspettare i problemi, Boddy e colleghi consigliano ai ricercatori medici di studiare con molta attenzione i possibili siti di conflitto fra la madre e il feto per capire se e quando sono causa di malattia.

 

BIBLIOGRAFIA
Boddy, A. M., Fortunato, A., Wilson Sayres, M. and Aktipis, A. (2015)
Fetal microchimerism and maternal health: A review and evolutionary analysis of cooperation and conflict beyond the womb
Bioessays, 37: 1106–1118. doi: 10.1002/bies.201500059